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Himalaya: fino alle sorgenti della Gange - Diario del 1 ottobre 2011

Aeroporto Malpensa, 1 ottobre 2011 ore 21 “Iniziamo il viaggio

Siamo in aeroporto. Nel mezzo di persone che arrivano e partono, si crea spontaneamente il primo momento di incontro con il nostro Maestro che vede unito il nostro gruppo: una lezione che nasce spontanea mentre Guru Maharaja sta terminando di prendere lo squisito prasada preparato per il viaggio.

Possiamo realizzare nella Bhakti, nella pratica dell'Amore divino, una gioia completa. Non c'è da escludere a priori il piacere dei sensi: questo lo si sperimenta naturalmente quando volgiamo le nostre attività alla ricerca di un bene superiore, e ancor più quando agiamo in spirito di offerta al Divino.
Il cibo offerto a Dio è superiore al digiuno, così come il parlare eticamente e filosoficamente corretto è superiore al silenzio. La Bhakti è anche festa dei sensi, oltre che festa dell'anima, perché tutto il nostro essere, su tutti i piani, beneficia del collegamento a livelli più elevati di realtà. La vita è gioia, e la Bhakti ci permette di sperimentarla appieno.
Guru Maharaja prosegue raccontandoci la storia di un padre del deserto. Ci narra lo scambio tra un monaco giovane ed un vegliardo della comunità. Siamo tra il quarto e il quinto secolo. E' come se immediatamente fossimo trasportati in quel tempo e in quella situazione dalle parole che ascoltiamo. Quel monaco era stato sette anni nel deserto ma non era riuscito a vincere le passioni. Il processo di purificazione è rapido quanto più intenso è il desiderio di evolvere e quanto migliore è l'attitudine e rigoroso l'impegno.
Non è tanto il luogo fisico in cui siamo che fa la differenza, ma come noi viviamo, quanto siamo centrati nella nostra essenza spirituale.
Il valore delle esperienze che facciamo non si misura in termini di dolori o piaceri mondani, ma è proporzionale a quanto riusciamo ad imparare da queste esperienze e quanto con esse riusciamo ad evolvere.
Dalle pene possiamo imparare che ogni sbaglio si paga e dai piaceri mondani che ogni godimento è temporaneo, inconsistente.
Krishna dice ad Arjuna nella Bhagavad-gita: gioia e dolori vanno e vengono, come l'estate e l'inverno. Saggio è chi non dipende da essi. Sii stabile e rimani fermo sulla meta da raggiungere, che è la felicità che non dipende da circostanze esteriori, e non ti curare di ciò che avviene all'esterno di te.
A volte una persona santa è talmente distante dalla coscienza ordinaria che agli altri appare fredda, insensibile. Il distacco emotivo deve essere coltivato all'interno di noi stessi, senza esibirlo o farne mostra, perché potrebbe urtare chi ancora non è giunto a quel livello di consapevolezza. Il distacco è possibile solo quando interiormente si gioisce, quando il sé gioisce nel sé, ed è solo allora che si è capaci di non ricercare più il piacere nei posti sbagliati, dove c'è solo parvenza o illusione di felicità”.
Mentre ascoltiamo, il nostro gruppo si raccoglie naturalmente attorno al Maestro e anche senza parlare cominciamo tra noi a familiarizzare, a sentirci uniti nello spirito del viaggio che abbiamo scelto di fare.
“Le persone continuano a nascere e a morire in forza delle loro scelte, del loro modo di agire. Quel che piace non sempre è il nostro bene e quel che dispiace non sempre è il nostro male. Il “mi piace” o “il non mi piace” sono spesso frutto dei nostri condizionamenti, dei capricci della mente. Lo stolto insegue il piacere, il saggio insegue il dovere, ma il dovere non è quello imposto di vittoriana memoria, ma quello che scegliamo di seguire in piena libertà.”
Guru Maharaja ci offre questi insegnamenti rapportandoli alle vicende del nostro tempo e anche alla storia dell'umanità.
Ad ascoltare ci sono le persone che partiranno con noi ed altre che sono venute a salutarci.
Siamo ancora in aeroporto, prima del gate, ma siamo già in viaggio. Il viaggio della vita.
É una lezione che è valida per chi parte con noi, per chi resta, per chi è qui, per chi è altrove. Per ogni essere che ricerca la luce, un percorso di sapienza e di autentico amore.