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Vrindavana-Jaipur-Agra - Diario del 8 marzo 2017

Oggi abbiamo visitato due importanti templi che ci hanno ricollegato ad un clima ispirato e gioioso.

In mattinata ci siamo recati al tempio di Radha Gopinatha, il Signore delle gopi. È una presenza molto importante perché esprime il sentimento molto intimo delle gopi nei confronti di Dio.

Consideriamo che oggi è l’8 marzo, festa della donna, e ci troviamo in un luogo costituito da una forte predominanza di pubblico femminile sempre dedito al canto.

Compiamo il parikrama girando, come da rituale, tre volte attorno al tempio e poi ci sediamo ai piedi di un bellissimo quadro che raffigura Madhupandit, il fondatore di questo luogo, in una foresta tra i cui alberi si intravede la divinità di Gopinath che lo osserva.

In una vetrinetta ammiriamo anche la veste che indossava questo grande devoto composta unicamente di grani di tulasi.

Oggi rispettiamo anche ekadashi che è un giorno propizio per concentrare le nostre risorse nella meditazione.

In pausa pranzo alcuni partecipanti approfittano per acquistare sete colorate, abiti, spezie e oggetti da regalare.

Quindi, attraversando la città rosa, la zona antica di Jaipur, raggiungiamo il tempio di Govindaji, la divinità originale d Rupa Gosvami. Fu scoperta dopo che un misterioso bellissimo ragazzo (Krishna) lo ebbe guidato a una collina dove ogni giorno una mucca si recava in una buca a spruzzare dentro il suo latte. Rupa Gosvami vi trovò Govindaji sepolto nella terra.

Holi, la festa dei colori, si avverte in ogni luogo, sulle bancarelle montagne di sacchetti di polvere colorata da far consacrare dai brahmini sull’altare e ovunque s’incontrano persone con il volto tinto di fucsia, giallo e rosso.

Lo scenario che si presenta entrando nel tempio è indescrivibile: migliaia di persone, una attaccata all’altra, attendono il darshana delle divinità cantando ad altissima voce: Govinda jay Jay, Gopala jay Jay.

Un enorme grido collettivo e una miriade di braccia alzate accolgono l’apertura delle porte e la visione di Govindaji. Le persone spingono e sorridono, ognuno consapevole del bisogno dell’altro di beneficiare della presenza della divinità.

Viene spontaneo riflettere sul sentimento di grande devozione e farne un paragone con il nostro modo di approcciarci al divino.